Per questo, a Fiacca il passato stava tanto a cuore… e quei ricordi, li difendeva con le unghie e con i denti. Convinto che proprio nello scrigno di quello che siamo stati, abitasse il tesoro più autentico: ovvero, la nostra identità.

Anche Fiacca era uno che “ci teneva”.
Come Primetta.
E quando sei uno “che ci tiene”, in genere sei anche una bella persona.

Fiacca era uno di quei personaggi che ogni tanto spuntano in paese, come le primule nei campi… E come le primule annunciano la primavera, quelli come Fiacca ci ricordavano ogni giorno il valore di certe parole che adesso sembrano scomparire: altruismo, per esempio. Ma anche generosità. E disinteresse, nel senso più nobile del termine.
Tutta quella roba che serve a mandare avanti una comunità e a renderla migliore… E senza la quale saremmo tutti zombie: esseri inanimati senza memoria e senza prospettive. Senza passato e, conseguentemente, senza futuro.
Per questo, a Fiacca il passato stava tanto a cuore. E cercava di condividerlo, e custodirlo (anche quando la memoria cominciava a fargli un po’ di difetto)… E quel passato, e quei ricordi, li difendeva con le unghie e con i denti.
Convinto che proprio nello scrigno di quello che siamo stati, abitasse il tesoro più autentico: ovvero, la nostra identità.

Fiacca, come tutti gli artisti (anche i piccoli artisti) era un uomo buono, ingenuo e un po’ vanitoso.
Ma, a differenza degli artisti, era quanto di più lontano dalla parola “egoismo”: e la sua piccola vanità, ha finito per metterla al completo servizio della gente.
Arricchendo il nostro paese, con le sue qualità. E illustrando, con l’esempio, la parte migliore di noi: della nostra storia e della nostra cultura.

Sono molto contento che (ultimi anni a parte) Fiacca si sia goduto a fondo la sua vecchiaia.
Dico che raramente mi è capitato di conoscere un uomo così sereno, felice ed appagato come è stato Fiacca, dal giorno della pensione in poi.
Quando, affrancato dalle incombenze quotidiane del lavoro, si è dedicato anima e corpo alle sue cose.
E così facendo, ha saputo arricchire tutti noi… Che abbiamo beneficiato di quella piccola vanità che si faceva carne: e diventava il circolo Acli da aprire tutte le sere. O anche il volontariato con l’ambulanza, o un quadro naif da regalare o vendere per beneficenza. L’opera meritoria con il Museo della terracotta dove sono esposte le sue opere, alcune davvero molto belle.
Sempre a titolo gratuto, ovviamente. Perché Fiacca era uno generoso, e perbene.
E i soldi, nelle sue dita, non si attaccavano mai.

“Le mie strullate”, le chiamava… E così continuava a chiamarle (con un pizzico di civetteria) anche di fronte agli elogi più mirabolanti. E proprio quegli oggetti erano forse il ritratto più autentico di Fiacca, e di un paese che gli piaceva sempre di meno, ma che continuava ad adorare: il Petroio dei suoi sogni… Un paese difficile. Orgoglioso e altero, a volte.
Ma mai egoista.

Se ne sono andati tutti, ormai.
E Fiacca, in questo senso, è stato veramente l’ultimo dei Mohicani… Dino Testallegra, e il Papino. Passerotto. Il suo adorato Rivo Zacchei, e anche Duilio. Spinace, Elvio, Brunero. Otello…
Sono entrato alle Acli, un paio di mesi fa: in quelle stanze dove abbiamo passato una vita, e che adesso rimbombano perché non c’è quasi più niente.
E mi è sembrato per un attimo di rivederli tutti lì.
Come i “langoliers” di Stephen King ,per chi ama la letteratura.
O come quella famosa canzone di Jovanotti, quella che parla di un mondo molto speciale: dove è “l’amore che detta ogni legge, e dove sembra impossibile stare da soli. E dove è facile guardarsi negli occhi. E riempire gli specchi con i nostri riflessi migliori.”

Grazie di tutto, Fiacca.
Fai buon viaggio.