Secondo me, la Roma di questi “valori assoluti” non ne ha molti…

Si vive di equilibri sottilissimi, e di certezze incrollabili, che però durano si e no mezza giornata.
Bastava un milligrammo di grasso in più, o in meno, sugli scarpini di Rensenbrinck, disse il grande Giampaolo Ormezzano, e quel celebre tiro (Mondiali 1978) sarebbe finito dentro anziché sul palo. E adesso, magari, racconteremmo un’altra storia.
Il grasso sugli scarpini da calcio non si usa più, ma il senso si è capito: tipo che se l’arbitro inglese avesse dato quel rigore assai solare all’83’, adesso avremmo Roma in delirio dopo una notte di baldoria. L’autobus scoperto, due milioni di gente per la strada, il Circo Massimo, Venditti, Verdone e Mourinho “santo subito”.
Invece il milligrammo di grasso ha preso le sembianze di quell’arbitro sadico, e Roma si è svegliata di malumore: Dybala bravo ma non ci si conta, Wjnaldum per carità di Iddio, Bove era in forma e andava fatto giocare e spiegatemi come ha fatto Belotti a segnarne più di cento in carriera.
Con quel milligrammo di grasso in più, oggi Dybala prende otto in pagella (“fragile, ma decisivo”), Wjnaldum sei e mezzo (“utile nel momento topico della gara”) e Belotti se la cava con un lodevole “generoso”, tipo Ciccio Graziani dei tempi andati. E che drago quel Mourinho (nove), che ha avuto l’arguzia di tener fuori Bove, ancora acerbo per certi palcoscenici.

E’ il bello, o il brutto, del calcio di oggi che saltabecca tra demonio e santità a seconda di un milligrammo di grasso: Simone Inzaghi è passato dall’incapacità di intendere e di volere alla riconferma a furor di popolo in tre settimane, ma chissà di cosa parleremmo se il tiro di Taremi (minuto 76 di Inter-Porto) fosse finito dieci centimetri più a destra o se quel tonto di Otavio si fosse risparmiato il calcetto a Calhanoglu (secondo giallo).
Anche lui, Inzaghi dico,nel tritacarne di chi riempie giornali e programmi tv, e deve inventarsi ogni mattina una storia che contenga un buono, un brutto e un cattivo: che, a loro volta, si scambiano continuamente i ruoli, per compiacere la nostra schizofrenia di pubblico (comunque pagante).

Direi, semmai, che esistono i valori assoluti. Che sono decisivi, e non prescindono mai dal talento, dalla classe e dalla personalità di un atleta: e che anche tutto questo serve a poco, se non è assistito da uno stato di forma fisica appena decente (vedi il Dybala zoppo di ieri sera)… Ricordo, a volte, il povero Franco Pavolucci, quando ancora si guardavano le partite al bar, e noi si disquisiva di 4-3-3, di marcature preventive e diagonali corte, mentre lui si metteva da una parte e parlava pochissimo: “Quello lì, di testa le piglia tutte…”, “Quello lì non sbaglia un passaggio…”, “Quello lì salta sempre l’uomo…”.
E pensavamo che fossero discorsi da vecchi, perchè Franco era stato sì un buon calciatore, ma ai tempi di Sivori e Charles.

Secondo me, la Roma di questi “valori assoluti” non ne ha molti. Lo dico con dispiacere, ma anche con ammirazione, perchè essere stati lì lì per portare a casa una coppa prestigiosa come l’Europa League la ritengo una gran nota di merito.
Alla fine, però, a vincere è stato il Siviglia. Che non mi ha fatto una particolare impressione: ma forse, in quei “valori assoluti”, vale ancora qualcosina in più della Roma.
Unitamente a quel rigore negato del minuto 84.
Il famoso milligrammo di grasso in più, o in meno, sugli scarpini.

Riccardo Lorenzetti